La psicoterapia non si pone come obiettivo primario di far luce sul passato, che è immutabile, ma è mossa piuttosto dall’insoddisfazione per lo stato in cui attualmente versano le cose e dal desiderio di offrire un futuro migliore.
Milton Erickson
La Terapia Breve Strategica è un modello psicoterapeutico che, a differenza della maggior parte degli approcci esistenti, ritiene che la ricerca delle cause alla base di un disturbo non sia determinante rispetto al suo trattamento. Trovare l’origine di un problema, ammesso che la Psicologia disponga degli strumenti per farlo, non permette di risolverlo, anzi, se focalizziamo la nostra esperienza, raramente ciò accade. Accade più spesso che le persone riferiscano di avere ben chiare le origini del loro problema ma che, nonostante questo, la consapevolezza non riesce a tradursi in cambiamenti nel loro presente.
La Terapia Strategica sostituisce all’indagine delle cause la ricerca di come funziona un problema ovvero l’interazione fra di esso e ciò che la persona tenta di fare per risolverlo senza successo. Questo repertorio di comportamenti in senso ampio, siano essi pensieri o azioni, che vengono definiti tentate soluzioni disfunzionali , è dal punto di vista strategico alla base della persistenza del problema e del suo peggioramento nel tempo, indipendentemente da ciò che lo ha determinato originariamente. Ne deriva che occorre domandarsi come cambiare una situazione e non perché esiste. Per ottenere un cambiamento occorre innanzitutto interrompere le tentate soluzioni fallimentari per permettere alla persona di adottare soluzioni che funzionano. Ma come può il terapeuta sapere quali sono le strategie adeguate?
La Terapia Breve Strategica ha messo a punto una serie di protocolli di intervento specifici per i differenti disturbi, nati dalla selezione delle strategie e delle tecniche rivelatesi più efficaci nell’interrompere il circolo vizioso di tentate soluzioni disfunzionali tipiche della tipologia di problema, da una parte, e nell’introdurre soluzioni funzionali a un nuovo equilibrio, non più problematico o patogeno, dall’altra.
È bene sottolineare, per evitare il rischio di facili banalizzazioni, due aspetti importanti della Terapia Strategica. In primo luogo il terapeuta strategico conosce il problema attraverso la sua soluzione, ciò significa che in base alla sua esperienza effettua un’ipotesi diagnostica ma sarà la risposta che il paziente dà all’applicazione del protocollo a confermare al terapeuta l’esattezza della sua ipotesi, che altrimenti dovrà essere riformulata e quindi cambiata la strategia di intervento.
È la terapia che deve adattarsi al paziente e non il paziente alla terapia.
Ne deriva anche che, nonostante il protocollo sia lo stesso per persone differenti accomunate dallo stesso problema, il modo in cui esso è veicolato e proposto dal terapeuta tiene conto dell’unicità della persona e quindi si adatterà alla peculiarità del suo sistema di valori e credenze, delle sue caratteristiche, delle sue percezioni.
In secondo luogo, la terapia strategica si basa sull’uso di prescrizioni di comportamento, ovvero cose che il terapeuta chiede al paziente di fare o pensare: in questo consistono i protocolli di intervento. Si è abituati a credere che il cambiamento debba scaturire dall’autoconsapevolezza, che passi necessariamente da una cognizione e che quindi la persona non possa correggersi senza la necessaria capacità introspettiva, quando invece in natura la maggior parte dei nostri comportamenti, scelte, cognizioni, dipende da fattori altri rispetto alla razionalità e alla consapevolezza, dato già noto da molto tempo agli studiosi di psicologia sociale ma non altrettanto evidente per chi si occupa di psicologia clinica.
Infatti non è infrequente che un paziente dica di sapere cosa sbaglia, di essere consapevole di quello che andrebbe fatto per uscire da una situazione problematica e che, ciononostante, affermi di non essere in grado di metterlo in pratica.
La Terapia Strategica, il cui uso della comunicazione si avvale delle tecniche acquisite dallo studio sistematico del lavoro del grande ipnoterapeuta Milton Erickson, utilizza il linguaggio suggestivo per facilitare il cambiamento e, aggirando le resistenze, aiutare la persona a agire differentemente nell’ambito delle aree fondamentali per il raggiungimento del benessere della persona, ovvero la relazione fra sé e sé, fra sé e gli altri e fra sé e il mondo. Saranno le esperienze emozionali positive vissute nel corso delle nuove modalità interattive che porteranno inevitabilmente la persona a modificare le proprie percezioni e cognizioni, portando a compimento il cambiamento innescato dal terapeuta.