FAQ Domande Frequenti

1.     Cosa si intende per “breve” in Psicoterapia Breve Strategica?

2.     Qual è la frequenza delle sedute?

3.     Quanto dura una seduta?

4.     La Psicoterapia Breve Strategica ottiene risultati duraturi nel tempo?

5.     Cosa fare se la persona che necessita di aiuto non vuol essere aiutata?

6.     È previsto l’utilizzo di farmaci o vi sono controindicazioni nell’intraprendere una Terapia Breve Strategica se si utilizzano farmaci?

7.     In cosa consistono i protocolli di intervento terapeutico?

1.     Cosa si intende per “breve” in Psicoterapia Breve Strategica?

È un falso luogo comune la credenza che per risolvere un problema che persiste da molto tempo sia necessaria una terapia altrettanto lunga e sofferta.

Da contratto terapeutico, l’accordo circa i tempi e i modi per raggiungere gli obiettivi definiti insieme al paziente, il terapeuta strategico si dà tempo dieci sedute per ottenere miglioramenti osservabili dal cliente rispetto al suo problema o disturbo. Questo accade alla maggior parte delle persone, infatti i tempi medi di una terapia strategica sono di 8 sedute e con successo nell’88% dei casi. Se così non fosse, il terapeuta si impegna a interrompere la terapia e indicare al paziente strade più idonee: il fine è sempre di consentirgli di raggiungere i suoi obiettivi il prima possibile e evitare perdite di tempo. Tuttavia, ciò succede raramente, questo grazie all’utilizzo dei protocolli di intervento terapeutici messi a punto e replicati su migliaia di casi nel Centro di Terapia Breve Strategica di Arezzo, che conferiscono all’approccio un’alta efficacia e in tempi brevi.

La rapidità dell’intervento, oltre che per gli evidenti vantaggi, assicura inoltre che l’efficacia è attribuibile al percorso psicoterapeutico svolto, e non ad altri eventi accorsi parallelamente nella vita della persona e che possono averla migliorata a prescindere dalla terapia.

2.     Qual è la frequenza delle sedute?

La frequenza delle sedute è di una ogni 15 giorni, salvo rari casi. Dopo i primi miglioramenti raggiunti, le sedute si distanziano  sempre più, per adattarsi al cambiamento di esigenze di un paziente che è più autonomo nella costruzione del suo benessere. Di conseguenza, oltre ad essere più economica in termini di tempo e costi, la Terapia Breve Strategica evita il rischio che si instauri una dipendenza dal terapeuta come invece può accadere nelle terapie di lunga durata e ad alta frequenza, al punto che la separazione dal terapeuta talvolta necessita di un ulteriore, faticoso lavoro.

3.     Quanto dura una seduta?

Quello che serve, ovvero il tempo utile a definire gli obiettivi che si possono verosimilmente raggiungere all’incontro successivo e approntare la strategia adeguata per farlo.  Questo significa che non esistono tempi prestabiliti, ad esempio la classica ora o i 50 minuti che alcune terapie prevedono rigidamente. La durata di una seduta può variare a seconda dei casi specifici. Può essere necessaria più di un’ora, con più persone dai vari punti di vista da esprimere e accordi da raggiungere, come nel caso di un nucleo famigliare o di una coppia, o se si tratta di una prima seduta. Possono bastare 15 minuti nel caso di un intervento psicoterapeutico in fase avanzata o prossimo alla conclusione, dove non occorre aggiungere ma solo mantenere la rotta e stabilizzare il cambiamento avvenuto. 

4.     La Psicoterapia Breve Strategica ottiene risultati duraturi nel tempo?

Questa è una domanda legittima che ogni cliente dovrebbe porsi, insieme alla più importante che dovrebbe essere: “Sto ottenendo risultati dal mio percorso psicoterapeutico?”.  La Psicoterapia Breve Strategica è un approccio efficace in tempi brevi, che ha come primo obiettivo un miglioramento dei sintomi più invalidanti già nelle prime sedute, anche nel caso di disturbi che perdurano da lungo tempo. Tuttavia questa non è che la prima parte dell’intervento. 

Il comune fraintendimento è che il terapeuta strategico si occupi SOLO di sintomi. Secondo le teorie psicologiche classiche, infatti, i sintomi sarebbero solamente la punta dell’iceberg di un presunto conflitto profondo che potrebbe riemergere con altre manifestazioni di sofferenza (fenomeno comunemente definito “spostamento del sintomo”). Di qui la convinzione, per noi discutibile, che i sintomi siano in qualche modo protettivi e che non vadano toccati prima di un lavoro più “profondo”.

Invece, in Terapia Breve Strategica, siamo convinti che una persona debilitata dai sintomi  (es. attacchi di panico, rituali compulsivi) difficilmente possa mobilitare le risorse necessarie a risolvere problemi e raggiungere il benessere. Certamente il sintomo, per quanto invalidante, è in un qualche modo vantaggioso: è l’unica soluzione al problema che la persona è stata in grado di trovare. Solo che non funziona e genera sofferenza. E infatti grande parte della terapia consiste nell’aiutare la persona a trovare soluzioni idonee che permettano di risolvere il problema veramente. 

Gli studi effettuati su migliaia di casi al Centro di Terapia Strategica di Arezzo, con controlli a 1-3-6 mesi e un anno, provano che la terapia ottiene risultati che persistono nel tempo dimostrando di essere tutt’altro che un intervento di “superficie”. Infatti, dopo l’estinzione del sintomo, il terapeuta accompagna il paziente a trovare un nuovo equilibrio, a consolidare i cambiamenti effettuati,  le sedute si diradano per permettergli di sperimentare il proprio benessere come indipendente dall’influenza diretta del terapeuta, dunque riproducibile in autonomia in tutti i momenti di difficoltà che la vita inevitabilmente propone.

È proprio quando la persona, oltre a risolvere il problema, acquisisce la capacità di “rialzarsi da sola” una volta caduta, evitando di riprodurre il circolo vizioso che l’aveva portata a cercare aiuto, che la terapia può dirsi conclusa.

5.     Cosa fare se la persona che necessita di aiuto non vuol essere aiutata?

Purtroppo, è luogo comune molto diffuso che la persona che non vuole aiuto, che non ha la sufficiente motivazione al cambiamento, non possa essere curata. Da questa prospettiva, spesso proprio davanti ai disturbi più gravi, ovvero tutti quelli in cui la persona ha scarsa consapevolezza di avere un problema e continua a generare sofferenza per sé e intorno a sé, bisognerebbe aspettare che la situazione degeneri al punto che l’intervento sia legittimo pur contro la sua volontà (TSO) e spesso preminentemente farmacologico.

Invece di attendere il peggioramento della situazione o, nei casi più gravi, che avvenga qualcosa di irreparabile, l’approccio strategico prevede strumenti per effettuare un intervento in maniera indiretta, avvalendosi dell’aiuto delle persone care che si rivolgono al terapeuta. La terapia indiretta  produce i primi cambiamenti nelle dinamiche delle relazioni famigliari che rendono probabile che il destinatario dell’intervento diventi disponibile a partecipare in maniera attiva al progetto terapeutico per la costruzione del proprio benessere. 

6.     È previsto l’utilizzo di farmaci o vi sono controindicazioni nell’intraprendere una Terapia Breve Strategica se si utilizzano farmaci?

Sebbene l’obiettivo a lungo termine di una Terapia Breve Strategica sia quello di eliminare completamente l’assunzione di farmaci da parte del paziente, non vi è alcuna controindicazione per chi li assume come anche, dal punto di vista del terapeuta strategico, non vi sono controindicazioni con eventuali percorsi terapeutici che la persona sta già effettuando.

7.        In cosa consistono i protocolli di intervento terapeutico?

Si tratta di strategie per la risoluzione del problema e prescrizioni terapeutiche da mettere in atto fra una seduta e l’altra allo scopo di raggiungere gli obiettivi individuati insieme al paziente. In parole povere, indicazioni, “compiti”, cose da fare o pensare, da eseguire alla lettera per due motivi: per risolvere il problema o in alternativa per dare al terapeuta indicazioni utili a risolvere il problema. E aggiustare il tiro, sulla base della reazione della persona al “compito” effettuato. Questo permette di modificare l’intervento sulla base della risposta di ciascuno alle prescrizioni messe in atto. In altri termini, se una strategia non funziona, dal punto di vista di un terapeuta strategico, non è il paziente che è troppo resistente o non sufficientemente motivato al cambiamento ma è il terapeuta che deve rivedere le sue ipotesi  rispetto al problema o disturbo e trovare l’adeguata strategia per risolverlo. Grazie ai protocolli di intervento si tiene sotto controllo il rischio di errore e si assicura la massima rapidità possibile di intervento. Questo fa della Psicoterapia Breve Strategica un approccio autocorrettivo altamente efficace e efficiente.

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